#BrokenHeart2 #VLove #Wattpad

Capitolo 20




“Me and you and you and me


No matter how they toss the dice, it had to be


The only one for me is you, and you for me


So happy together”


– THE TURTLES (Happy Together)






Logan


«Ehi! Vieni!», la incitai guardandola negli occhi, «Vieni, piccola!», continuai inarcando la bocca in un sorriso. 


Ci era vicina, lo vedevo dal suo sguardo color del whisky. Le serviva solo un piccolo incoraggiamento e poi sarebbe venuta. Si sarebbe lasciata andare, raggiungendo il limite del lago per poi buttarsi.


«Vieni qui, Destiny!», battei le mani nell’acqua, Hope abbaiò come per incoraggiarla, ed a quel punto la dolce labrador si gettò nell’acqua. 


Chiusi gli occhi e voltai il capo per evitare di essere colpito in faccia dagli schizzi. Quando tornai a guardarla il suo manto beige si era scurito e lei stava nuotando nella mia direzione.


«Eh, brava la mia ragazza!», le accarezzai la nuca mentre Hope ci girava intorno.


Avevo adottato la dolce labrador da circa un mese. Giusto quando ero riuscito a trovarle una famiglia mi ero tirato indietro. Non ce l’avevo fatta. Mi ricordava lei e non riuscivo a separarmene, e poi mi ci ero affezionato un sacco. Allora mi ero scusato con il signore che aveva intenzione di regalarla alla nipote, proponendogli invece uno dei cuccioli che mi erano stati portati in quel periodo, e lui aveva accettato con entusiasmo. A quel punto le avevo dato un nome: Destiny. Sapevo che era stato il destino a portare Claire nel mio studio veterinario quella notte, sapevo che era stato il fato a condurre la cagnolona a lei e sapevo che era la sorte a dirmi di tenere Destiny con me. 


Nuotammo per un po’. Giocammo con un bastone che galleggiava nell’acqua fino a che uno dei due cuccioloni non me lo riportava. Alla fine poi uscimmo dal lago, ci scuotemmo tutti e tre via le gocce d’acqua, e poi ci incamminiamo verso casa. 


Ero andato al lago per una corsetta, quindi quando varcai la porta di casa tutti erano ancora sotto le coperte, o così pensavo…


«Buongiorno». 


Sobbalzai saltando all’indietro, con quel movimento brusco feci spaventare Destiny che prese ad abbaiare e a quel punto si aggiunse anche Hope ringhiando. 


«Cuccia! Mamma, sei impazzita? Vuoi farmi venire un infarto prima dei trentacinque anni?!».


Mia madre era in piedi davanti al lavandino, teneva una tazza in mano, il suo corpo fasciato da una vestaglia rosa era rivolto verso la piccola finestrella che dava al giardino, mentre il suo sguardo era puntato nel mio. 


«Pensavo ti fossi accorto di me», non mi sfuggì il sorriso che celò dietro la tazza che si portò alla bocca.


«Che ci fai sveglia così presto?».


«Non riuscivo a dormire».


Dopo un’occhiata piuttosto truce da parte sua, feci uscire i cani in giardino e richiusi la porta mentre Hope protestava grattandola con le zampe.


«Quando saranno asciutti potranno entrare, e lo stesso vale per te», corrucciò le sopracciglia, «Non hai freddo?», fece una smorfia con la bocca.


«È primavera inoltrata».


«Così ti prenderai un malanno».


Alzai gli occhi al cielo.


«Perché non riuscivi a dormire?».


Fece spallucce e tornò a guardare dalla finestra i cani che si rincorrevano nel giardino. 


Mi avvicinai e le misi una mano sulla spalla.


«Va tutto bene mamma?».


La sentii rilassarsi al mio tocco.


«Ho conosciuto un uomo».


La mia mano fece uno scatto, come se mi avesse scottato.


«Cosa? Quando? Chi?».


La sentii sbuffare, poi dopo aver posato la tazza nel lavello si allontanò girando intorno all’isola della cucina. 


«Logan».


«Mamma». 


Una strana sensazione mi chiuse lo stomaco. 


Alzò gli occhi al cielo. «L’ho conosciuto al supermercato, si chiama Harry».


«Si chiama Harry», la sbeffeggiai, «Come il fottuto maghetto?».


«Non ti permetto di aggiungere altro, Logan!», sbatté la mano sul piano in marmo.


«Te lo sei già portato a letto?!».


«Logan Richad Grant! Come ti permetti di rivolgerti a tua madre con questo tono!».


Serrai le mani a pugno pronto a ribattere anche se non sapevo bene cosa, quando una vocetta catturò la nostra attenzione.


«Perché state litigando?».


«Oh amore, la nonna e il papà non stanno litigando».


Mia madre raggiunse mio figlio che, con indosso il pigiamino di Superman, ci guardava dall’ultimo scalino delle scale che conducevano al piano superiore. 


«Mi dispiace che ti abbiamo svegliato», proseguì la nonna.


Richard mi guardò intensamente negli occhi, lui sapeva sempre leggere nel mio sguardo quando c’era qualcosa che non andava, infatti arricciò la sua dolce boccuccia. 


«Ma papà è arrabbiato…».


«Il tuo papà è solo un bambinone troppo cresciuto che fa i capricci», due occhi blu che intrecciarono i miei sottolinearono la frecciatina. 


«Papà pensa la stessa cosa della nonna», posai un bacio sulla fronte di mio figlio senza però guardare mia madre che lo teneva in braccio, «Vado a farmi una doccia, poi oggi vuoi venire a lavoro con me?».


Il sorriso sulla bocca del mio bambino si spalancò. Adorava venire in clinica con me ogni volta che poteva. «Si!».


«Perfetto» gli scompigliai i capelli e poi sparii al piano di sopra. 
       ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️
Per continuare il capitolo cliccate qui ⬇️
https://my.w.tt/4KvHfzVHtW

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.