#FanFiction #CinquantaSfumaturediMrGrey #ThisMan #AnitaSessa

Elena mi guarda sbalordita dal mio tono di voce minaccioso. Sono letteralmente furioso. Ana è una persona pacifica e per arrivare a lanciarle addosso il suo drink chissà cosa le ha detto questa strega. Apre la bocca per parlare, ma per alcuni istanti non ne viene fuori nulla. Poi recupera l’equilibrio.
«Lei non va bene per te, Christian» sussurra, fissandomi ad occhi sgranati.
«Che cosa?» urlo, in preda alla rabbia cieca, infischiandomene degli invitati in cucina.
Raddrizzo ancora di più le spalle mentre lei sobbalza. Un respiro spezzato mi dice che sto spaventando anche Anastasia, dietro di me. Ma è giunto il momento che Elena capisca che deve farsi i fottuti cazzi suoi.
«Come cazzo fai a sapere che cosa va bene per me?» sibilo rabbioso contro di lei.
«Hai dei bisogni, Christian» mormora Elena, cercando di ammansirmi addolcendo la voce.
«Te l’ho già detto… questi non sono affari tuoi» le ringhio contro senza ritegno. Respiro a fatica e so che devo abbassare il tono di voce o ci sentiranno sul serio. «Cosa significa?» le chiedo, ansimando per la rabbia, trafiggendola con gli occhi. «Pensi di essere tu? Tu? Sei tu quella giusta per me?» la incalzo con un tono di voce più basso, mentre non tento neppure di nascondere quanto mi faccia ribrezzo quel pensiero.
Elena deglutisce a fatica, sentendo il controllo sfuggirle dalle mani. Ma il suo momento di sbandamento termina quasi subito. Si raddrizza, elevandosi in tutta la sua statura. “Oh, no. No, Elena Lincoln. Non giocherai alla Dominatrice con me stasera”. Fa un passo in avanti, alzando il mento e fissandomi dritto negli occhi. Uno sguardo che un tempo mi avrebbe quasi intimorito, mentre ora mi fa solo arrabbiare di più perché so che Ana è costretta a restare in questa stanza.
«Io sono la cosa migliore che ti sia mai capitata» mi sibila contro con arroganza. «Guardati adesso. Sei uno degli imprenditori più ricchi e di successo degli Stati Uniti. Controllato. Motivato. Non hai bisogno di niente. Sei il signore del tuo universo»
La sua crudeltà mi sbatte contro come un muro di cemento. Le sue parole, il fatto che tenti di controllarmi ancora qui, ancora adesso. Solo per vedere la mia resa di fronte alla mia ragazza. Solo per umiliarla, umiliarci entrambi e godere di quell’umiliazione. La donna che per anni ho lasciato banchettare col mio corpo mi si mostra in tutta la sua perfidia. Lo ricordo. Ricordo che mi ha dato dei soldi, ricordo che mi ha fatto godere quando pensavo che non ci sarei mai riuscito. Ma io non ero niente prima di avere Anastasia. Nulla. Lei non mi ha dato nulla, non ha permesso nulla. La fisso, senza riuscire a spiccicare parola. Perché tutte quelle che mi vengono in mente non sono per niente adatte ad essere udite da Ana. Ma Elena non si ferma, avanza ancora di un passo, credendo probabilmente di avermi in pugno.
«Ti piaceva, Christian, non prenderti in giro. Eri sulla strada dell’autodistruzione, e io ti ho salvato,ti ho salvato da una vita dietro le sbarre.Credimi, piccolo, è così che sarebbe finita. Ti ho insegnato tutto quello che conoscevo, tutto quello di cui avevi bisogno»
Impallidisco di fronte a quelle parole che ho creduto vere per tanto tempo. Ma ora so. Sono stato un mostro in passato. Elena ha tentato di plasmarmi e farmi diventare come lei. Ma qualcuno ha messo Ana sulla mia strada. Solo lei può darmi quello di cui ho bisogno.
«Mi hai insegnato a scopare, Elena. Ma era qualcosa di vuoto, come te. Non mi meraviglia che Linc ti abbia lasciata». La guardo, vedendola forse per la prima volta per quella che è. Una donna disperatamente sola. Che tenta di aggrapparsi a quello che le è rimasto. «Non mi hai mai avuto per te. Non hai detto una sola volta di amarmi» concludo, scuotendo piano la testa.
Non che avrebbe fatto differenza sentirmelo dire. ‘Forse sì, Grey’. Ok, forse. Forse all’inizio avrebbe fatto differenza. Ma avrei incontrato Anastasia comunque. E avrebbe smesso di essere importante. Elena, come leggendomi nella mente, stringe dli occhi, riducendoli a due fessure arrabbiate.
«L’amore è per gli sciocchi, Christian»
«Esci da casa mia»
Quelle parole sono esattamente quelle che volevo dire. Ma non sono stato io a pronunciarle. Mi volto verso la porta del salone e così fa Elena e credo anche Ana. E impallidiamo tutti di fronte a una Grace tremante di rabbia. Il mio respiro si blocca, i polmoni si svuotano del tutto. Elena è sconcertata. “Merda”. Nessuno si azzarda a proferire una sola parola. Il silenzio ci soffoca e si odono soltanto i nostri respiri, talmente affannati da riempire l’intero salone. Mia madre, fumante di rabbia, entra nella stanza a passi decisi continuando a fissare Elena dritto negli occhi. Si ferma a pochi centimetri di lei. Ansima per la rabbia e il mio cuore prende a battere forte per il timore di quello che succederà. D’improvviso, cogliendoci tutti alla sprovvista, Grace solleva il braccio e colpisce Elena con uno schiaffo sonoro. Il colpo risuona tra le pareti. Sussulto e sento Anastasia fare lo stesso alle mie spalle.
«Tieni i tuoi schifosi artigli lontani da mio figlio, puttana, e vattene da casa mia. Adesso!» sibila, mentre Elena, completamente sconcertata, si massaggia la guancia sulla quale l’impronta di 5 dita rosse non lascia spazio all’immaginazione di chi la guarda su quanto appena successo.
Resta per qualche attimo a guardare mia madre, ma quando quest’ultima accenna ad un altro passo verso di lei si allontana, correndo via senza neppure chiudere la porta dietro di sé. Grace si volta molto lentamente. E i suoi occhi ora sono nei miei. Ci fissiamo per un lungo istante, in completo silenzio. Poi, solleva lo sguardo, indirizzandolo alle mie spalle.
«Ana, prima che io te lo restituisca, ti dispiacerebbe lasciarmi un paio di minuti da sola con mio figlio?»
Sembra tranquilla, ma la sua voce è carica di un sentimento strano, a metà tra la preoccupazione e il risentimento.”Non andartene, Anastasia. Resta con me”. Ma so che lei non rimarrà. E so che ora devo affrontare tutto questo da solo.
«Certo» sento sussurrare alle mie spalle.
Ana si allontana in fretta e riesco solo a vedere la sua schiena, avvolta nell’abito verde smeraldo, mentre richiude la porta dietro di sé. I miei occhi vengono reclamati da quelli di mia madre. Ci fissiamo, ci studiamo. So che l’ho ferita. Mi sento come quando ero bambino. Non sono all’altezza, non merito una madre come lei. Il mio posto era con quella puttana drogata, non con un angelo come Grace. Darei tutto quello che ho pur di non vedere quello sguardo nei suoi occhi. Grace non si muove, continua a fissarmi. MI sento di colpo quindicenne, tornato a casa ubriaco alle tre del mattino.
«Per quanto tempo, Christian?»
Le sue parole mi trafiggono. Parla piano, scandisce le parole, senza distogliere lo sguardo dal mio. “Quanto hai bevuto, Christian? Perché non mi parli, Christian? Cosa devo fare con te, Christian?”. Ma stavolta non posso rimanere in silenzio. Stavolta so cosa perderei. Stavolta conosco il calore dei suoi abbracci. “TI voglio bene, mamma. Tutto quello che vuoi sapere. Tutto. Chiedimi tutto”.Ma le parole fanno fatica ad uscire sotto il suo sguardo duro.
<<Rispondimi, Christian. Per quanto tempo è andata avanti questa storia?>> lo ripete, a bassa voce.
Alla fine, dopo avermi graffiato le pareti della gola, ce la fanno a venire fuori.
<<Sei anni>> mormoro con un filo di voce. <<E’ finita da anni, ormai>>
Le sue labbra si tendono in una linea dura. Sbiancano, come le nocche delle sue mani. E so di averle detto quello che non voleva sentire. Avrei dovuto stare zitto. Ora sa che sono passati anni. E immagina che fossi minorenne all’epoca.
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Cinquanta sfumature di Mr Grey – Capitolo 49 (seconda parte)
Quando arrivo al Maniero, John è in attesa sulle scale. Parcheggio e apro lo sportello, voltandomi verso Ava.
«Vieni, voglio sistemare alcune cose e tornare subito a casa, così posso averti tutta per me» le dico, facendo il giro e tendendole la mano.
«Andiamo a casa adesso allora» borbotta.
Le lancio un’occhiataccia.
«Ti sto ignorando» replico.
«Ava» la saluta John con un cenno, seguendoci all’interno.
«È tutto a posto?» chiedo, avvicinandomi al bar.
Prendo posto su uno sgabello e faccio accomodare Ava di fronte a me, poggiando la mano sulle sue gambe.
«Tutto a posto» mi aggiorna John. «I fornitori sono in cucina e il gruppo arriverà alle cinque. Sarah ha tutto sotto controllo»
Faccio un cenno a Mario, il barista italiano, che si avvicina.
«Ottimo, dov’è?» chiedo.
«È nel tuo ufficio a preparare i pacchi regalo» risponde con un ghigno.
Mario ci raggiunge, sorridendo.
«Vuoi qualcosa da bere?» chiedo ad Ava, stringendo la presa sulla sua gamba quando noto il sorriso che rivolge a Mario.
«Dell’acqua, grazie» risponde lei gentile.
«Due, Mario» dico, per poi tornare a concentrarmi su di lei. «Cosa vuoi da mangiare?»
«Bistecca» esclama con entusiasmo.
Sorrido.
«Mario, di’ a Pete che prendiamo due bistecche con patate novelle e insalata, entrambe a media cottura. Mangeremo al bar» ordino.
«Certo, Mr Ward» replica Mario, porgendoci due bottigliette d’acqua.
«Ti dispiace restare qui mentre io vado a controllare alcune cose?» le chiedo, afferrando la mia bottiglia.
Ava inarca le sopracciglia.
«Chiederai a Mario di farmi da guardia?»
«No» replico a bassa voce, mentre John scoppia a ridere sguaiatamente.
«Non ce n’è bisogno ora, no?»
«Credo di no»
Ava solleva le spalle guardandosi intorno.
«Dove sono tutti?» chiede.
Mi alzo, poggiando le mani sulle sue gambe.
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Il Lord del Maniero – Capitolo 57 (prima parte)

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