#FanFiction #CinquantaSfumaturediMrGrey #ThisMan #AnitaSessa

L’anticamera è vuota. Cinthya deve essersene andata da poco. Inizio a camminare su e giù mentre l’ansia mi assale. Non posso fare a meno di sentirmi tradito da Anastasia. Avrei voluto esserci lì dentro. Avrei dovuto, Cristo santo! Parlano di me, non di un estraneo. E Dio solo sa cosa cazzo uscirà fuori da quella fottuta bocca di John. Provo a fare dei sospiri profondi, tentando di calmarmi. Guardo l’orologio. Sono qui fuori da appena un minuto e ho voglia di spaccare tutto, sfondare quella cazzo di porta e caricarmi Ana in spalla per portarla a casa. Sospiro di nuovo. Mi passo una mano nei capelli. Stando attento a non fare rumore mi avvicino alla porta. Tento di origliare qualcosa, trattenendo il respiro per non permettere al minimo rumore di disturbarmi, ma è impossibile. Riesco solo a sentire un cicaleccio indistinto e sommesso. Mi allontano in fretta, portandomi al lato opposto della stanza per espirare, come se temessi che potessero udirmi. Guardo di nuovo l’orologio. Appena tre minuto. Cristo!
Mi siedo sul divanetto in sala d’attesa, poggiando i gomiti sulle cosce e unendo gli indici davanti a me. Devo evitare di pensare a Flynn che parla del mio passato chiuso in una stanza con Anastasia. Io…io avrei almeno voluto essere presente per spiegarle, per difendermi. Per dirle che ora non sono più quello di una volta. Che sono l’uomo che la ama e che non le farò più del male. Lei avrebbe potuto credermi, mi avrebbe guardato negli occhi e mi avrebbe creduto, ne sono certo. Ma ora sono bloccato qui dentro, confinato in questo spazio. Cinque minuti appena. Cinque minuti di strazio della mia anima.
Sospiro e, quasi come un presentimento, stringo gli occhi sopraffatto dai ricordi. Ricordi di noi. Sorrido nel ripensarla timida e impacciata, quel primo giorno nel mio ufficio. Sorrido per la sua aria smarrita, per i suoi capelli tenuti fermi, per la sua memorabile caduta sulla mia moquette. Sorrido e so di essermi innamorato di lei al primo sguardo, alla prima parola che ho udito dalla sua voce. So che non c’è stato scampo per me da quel primo momento. E tutti i baci, le carezze, tutte le volte che abbiamo fatto l’amore. Non è mai stato qualcosa di semplice. Con lei non è mai semplice. E’ sempre di più. E’ il mio di più. Sospiro forte. Dieci fottutissimi minuti. Manca ancora mezz’ora.
Mi alzo, percorrendo la stanza e soffermandomi a guardare il mio riflesso nel vetro dell’ampia finestra che affaccia su Seattle. Mi guardo. Fisicamente non sono diverso da quello che ero appena poche settimane fa. Ma dentro….dentro sono un altro. Sono morto e rinato. E vivo solo per lei ormai. Vorrei che lei lo capisse e per quanto so che in parte lo fa, non posso fare a meno di pensare che in fondo, un giorno, spalancherà i suoi occhioni dolci e puri e mi vedrà per il mostro che ero. Che sono. Perché per quanto io possa lottare, non riuscirò a liberarmi del mio passato. Almeno non tanto in fretta. Deglutisco visibilmente, passandomi entrambe le mani nei capelli. Ho una fottuta paura. Anastasia è la persona più buona che abbia mai incontrato. Quello che provo per lei non ha nulla a che vedere con le fantasie di un quindicenne nei confronti di una donna sexy ed esperta come Elena, o della sete di vendetta e di controllo di un Dominatore nei confronti della sua Sottomessa. IL ricordo di Leila mi fa dolere il petto. Non voglio ridurla in quello stato. Non voglio sottometterla. Voglio che mi sfidi, che mi guardi negli occhi, che si arrabbi con me. Voglio che facciamo pace rotolandoci nel nostro letto. Voglio svegliarmi accanto a lei ogni fottuta mattina e andare a dormire tenendola tra le braccia tutte le sere. Voglio che mi completi, che mi infonda la giusta dose di coraggio che mi permetta di essere un uomo migliore. Voglio che mi sposi perché non riesco ad immaginare la mia vita senza il suo sorriso impertinente e la sua lingua biforcuta a stuzzicarmi.
Nonostante l’ansia mi stia stringendo forte il petto in una morsa, mi ritrovo a sorridere quando ripenso alla nostra prima volta. La sua prima volta. E un po’ anche la mia. A stento la ricordo la prima volta che ho fatto sesso in assoluto. Ricordo l’eccitazione, ricordo Elena tentare di mettermi a mio agio con il suo sorriso sprezzante. Ricordo il sesso e poi ancora, nel corso di quei sei anni, ancora tanto sesso. Ricordo le perversioni. Ma la dolcezza della prima volta che sono entrato in lei, ha ormai spazzato via tutta la mia vita prima di conoscerla. Il suo calore, la sua passione, l’importanza di quel momento, mi hanno cambiato per sempre. Se prima potevo avere solo pensato di avere una via di scampo, da quel momento sono stato perfettamente cosciente di essere irrimediabilmente suo. Ammetterlo mi è costato tempo e fatica. Ma l’ho fatto.
Quando sbircio l’orologio, mancano appena due minuti alla fine della seduta. Mi faccio coraggio e indosso la mia faccia da bronzo migliore, bussando forte alla porta della stanza di Flynn. Non aspetto risposta. Entro e basta, lanciando un’occhiata sospettosa ad entrambi. Ana arrossisce di colpo. John, invece, con la sua solita calma, mi sorride divertito.
«Bentornato, Christian» mi dice senza scomporsi.
«Pensavo che il tempo fosse scaduto, John.» rispondo, sostenendo il suo sguardo nella consapevolezza che entrambi sappiamo che sto mentendo.
«Quasi, Christian. Unisciti a noi.» ribatte lui, indicandomi con un cenno il divanetto di fronte.
Questa volta mi siedo accanto ad Ana, afferrandole il ginocchio possessivamente con la mano, ribadendo il concetto, per chi in questa stanza non l’avesse capito, che lei è mia. Solo mia. Flynn abbassa gli occhi sulla mia mano, con un sorrisetto. Poi cattura lo sguardo di Anastasia.
«Hai qualcos’altro da chiedermi, Ana?» le domanda con un tono di voce leggermente preoccupato.
Ana si limita a scuotere la testa, arrossendo.
«Christian?» chiede, rivolto a me stavolta.
«Non oggi, John.» sibilo, ancora incazzato.
Flynn annuisce con un breve sospiro. Poi china gli occhi sul foglio davanti a sé.
«Potrebbe essere un bene se veniste ancora insieme. Sono sicuro che Ana avrà delle altre domande»
Mio malgrado annuisco. Ripetere tutto questo strazio? NO. Ana può chiedere a me direttamente. La guardo e lei arrossisce di colpo. “Cosa gli hai chiesto, Anastasia?”. Le afferro la mano, scrutando il suo volto meraviglioso segnato dall’ansia e dall’imbarazzo.
«Tutto okay?» le chiedo, stringendo forte la sua piccola mano e cercando di trattenerla a me, di farle sentire quanto la amo.
Lei mi fissa, esitando per un istante. Poi le sue labbra si distendono in un sorriso e annuisce, molto più tranquilla. La mia mano stringe la sua ancora. “Tu non sei le altre, Ana. Tu non sei Leila”. MI volto di scatto verso John.
«Come sta lei?» chiedo, abbassando la voce come se lei potesse non sentirmi.
La sento tendersi, ma mi concentro sul mio medico.
«Ce la farà» risponde lui con un sorriso tirato, ma in qualche modo rassicurante.
«Bene. Tienimi aggiornato sui suoi progressi.» ribatto.
«Lo farò» annuisce lui, guardandomi negli occhi.
All’improvviso mi sento meglio e peggio allo stesso tempo. La nostra ora di chiacchiere inutili è finita e io devo spremere Ana per sapere cosa le ha rivelato Flynn.
«Possiamo andare a festeggiare la tua promozione?» le chiedo mettendoci un po’ troppa enfasi nella mia richiesta.
Anastasia annuisce timida e io mi alzo. In fretta salutiamo Flynn, mentre la sospingo fuori dall’ufficio, quasi di peso. Una volta arrivati in strada mi volto verso di lei a guardarla. Inspiro forte.
«Com’è andata?» chiedo, senza riuscire a smascherare l’ansia.
«È andata bene.» risponde sibillina.
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Cinquanta sfumature di Mr Grey – Capitolo 44 (terza parte)
«Il mio lavoro è finito»
Ansimo, sorridendole mentre mi riprendo dall’orgasmo squassante che mi ha appena regalato. Ava ha gli occhi chiusi, respira forte sotto di me. I suoi seni sono sudati e vanno su e giù freneticamente nel tentativo di riprendere tutta l’aria che le ho fatto buttare fuori. Mi piace sfinirla così. Mi piace da matti.
Ridacchia leggermente e io mi appoggio sulle mani, sollevandomi. Ava apre gli occhi e mi guarda. Poi il suo sguardo si sposta di lato.
«La mano!» strilla preoccupata.
La sollevo, reggendomi sull’altra, e la guardiamo insieme. Ci sono dei lividi, ma non sento più dolore.
«È a posto. Sarah mi ha fatto tenere il ghiaccio per quasi tutto il pomeriggio»
Mi pento immediatamente di averglielo detto. Il suo viso si trasforma per la rabbia.
«Sarah?» sbotta acida.
Inarco le sopracciglia, guardandola a metà tra il divertito e il preoccupato.
«Si è solo comportata da amica» le dico freddamente.
Non ha neppure menzionato i segni sui polsi. Voleva solo farsi perdonare per come si è comportata questa mattina. Ma meglio ometterlo. Ava sbuffa, agitandosi sotto di me. La scruto a fondo, ammirando la splendida smorfia di gelosia che le sta animando il volto bellissimo. “Allora comprendi come mi sento, Lady?”.
Ava si dimena all’improvviso e la lascio andare, stupito dalla sua reazione così viscerale. La vedo mettersi in piedi, nuda a parte le mutandine, e scomparire in bagno. La seguo, trovando le sue mutandine semi lacerate a terra e lei immersa nell’acqua calda.
«Qualcuno è stato sfiorato dal mostro dagli occhi verdi?» le chiedo, appoggiandomi alla porta del bagno e guardandola con aria canzonatoria.
Solleva gli occhi grandi e scuri su di me, imbronciandosi.
«No» risponde stizzita.
Mi avvicino alla vasca ed entro, mettendomi alle sue spalle. La racchiudo nelle mie gambe, cingendole le spalle con le braccia. La attiro a me, stringendola al mio petto. Sospiro forte nei suoi capelli, sentendomi a casa.
«Ava, tu sei l’unica donna per me» le sospiro nell’orecchio, piano, dolcemente. «E sono tutto tuo»
Non si rilassa, quindi tocca a me pensarci. Prendo la spugna sul bordo della vasca, la immergo piano nell’acqua e inizio a passargliela piano sui seni che emergono dalla schiuma.
«Devi raccontarmi qualcosa di più su di te» mi dice all’improvviso, quasi timorosa.
Inalo aria.
«Cosa vuoi sapere?» chiedo controvoglia.
«Per te il Maniero è solo lavoro o l’hai mischiato con il piacere?» butta fuori di colpo, diretta.
Deglutisco a vuoto, pianissimo per tentare di non farle percepire la mia reazione. Non voglio perderla. Non voglio. Fermo il movimento della spugna, poi riprendo a massaggiarle il corpo.
«Dritta al punto, eh» dico seccato.
«Dimmelo» insiste decisa.
Sospiro forte, non posso farne a meno. E percepisco il suo fastidio per la mia reazione.
«Mi sono dilettato» replico irritato.
Trattiene in fiato.
«Ti diletti ancora?» sputa fuori.
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Il Lord del Maniero – Capitolo 49 (terza parte)

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