#FanFiction #CrossFire #AnitaSessa

Fu quasi impossibile passare il resto del pomeriggio a lavorare. Affrontai le riunioni con il pilota automatico e trassi un sospiro di sollievo quando vidi che la giornata stava per volgere al termine. Per tutto il tempo mi erano venute in mente quelle immagini che Barker aveva sottoposto alla mia visione, come frammenti di un doloroso inferno a cui non ero riuscito a sottrarre Eva. Non che potessi, a quei tempi. Io stesso ero un adolescente incasinato e non avevo idea dell’esistenza di un angelo come lei, violato da tanta perversione. Ma non accettavo neppure che il figlio di puttana che le aveva fatto del male avesse ancora il privilegio di respirare.

L’orologio segnava le 16.13 quando afferrai la cornetta e composi l’interno di Eva. Sapevo che, potendo, avrebbe evitato di vedermi stasera. Ma non volevo altro spazio tra di noi. La sua voce, quando mi rifilò la tiritera d’ufficio, era svogliata e distratta.

«Dovremmo andarcene alle cinque» le dissi «per arrivare in tempo dal dottor Petersen.»

«Ah.» riuscì a replicare dopo qualche attimo di silenzio.

Un silenzio opprimente che continuò e che non riuscii a sopportare oltre.

«Verrò a prenderti quando sarà ora» borbottai.

Dall’altra parte sentii un sospiro esausto.

«Mi dispiace di averti colpito. Non avrei dovuto. Detesto averlo fatto.» disse con sincero rammarico.

«Angelo.» sussurrai con un sospiro. «Non mi hai fatto l’unica domanda che contava davvero.» le dissi, chiudendo gli occhi.

Un mezzo sospiro.

«Questo non cambia il fatto che tu abbia dei segreti.»

Sorrisi amaro.

«Sui segreti si può lavorare, sui tradimenti no.»

«Su questo hai ragione.» concordò sconfitta.

«Ci sei solo tu, Eva.» le dissi con forza nella cornetta.

Come poteva, dopo tutto, dubitare di questo. Era l’unica cosa certa della mia vita. La mia rabbia scatenò la sua, evidentemente.

«Sarò pronta per le cinque.» disse in tono glaciale, chiudendo la comunicazione.

Fui puntuale e mi presentai nel suo ufficio alle cinque in punto. Eva iniziò a raccogliere le sue cose mentre io facevo lo sforzo di conversare con Garrity della campagna per la Vodka Kingsman. Mi voltai verso Eva, sorprendendola a fissarmi con lo sguardo che conoscevo bene. Quello di una donna che mi desiderava e che mi amava, ma che conosceva anche la parte più oscura di me e aveva deciso comunque di restare. Era difficile mantenere la compostezza di fronte a quello sguardo. Se fossimo stati soli avrei potuto immergermi dentro di lei e reclamare quell’amore e quel desiderio, spingerla oltre i suoi limiti per farla completamente mia. In quel momento riuscii solo a ricambiare per pochi istanti quello sguardo, sentendomi sopraffatto. Tentai di recuperare l’equilibrio in fretta, inspirando e sollevando il mento. Dovevo resistere.

«Pronta?» le chiesi.

Annuì, salutando il suo capo e lasciandosi condurre verso l’uscita. Passammo di fronte alla receptionist, la sua amica con cui era andata a pranzo quel giorno.

«È cotta di te, Cross» mormorò quando la ragazza sospirò teatralmente.

Premetti il pulsante per chiamare l’ascensore.

«Pazienza.» dissi, facendo una smorfia. «Che cosa ne sa lei di me?»

«È la stessa domanda che ho fatto a me stessa per tutto il giorno» replicò velocemente, facendomi trasalire.

Per tutto il tragitto Eva fu di malumore. La situazione non mutò neppure quando chiedi davanti a lei ad Angus se avesse accompagnato Corinne da qualche parte e perché. Non cambiò neppure quando il povero Angus ammise di aver riconosciuto Corinne davanti al Crossfire e di averle offerto un passaggio dal momento che io avevo posticipato il mio incontro a pranzo di un’ora per un appuntamento dell’ultimo minuto che, a quel punto, era ovvio non potesse essere con Corinne.

Il dottor Petersen ci accolse con un sorriso gentile, calmo e pacato come sempre. Nelle nostre sedute individuali mi trattava con la stessa calma e gentilezza, che a volte riusciva solo ad irritarmi. Eppure era capace di mettere le cose in prospettiva, di farmele vedere sotto una luce completamente nuova e mai neppure pensata fino a quel momento. Mi sedetti sul divano e Eva mi superò, scegliendo di sedersi all’estremità opposta. Sentii gli occhi del dottore osservarci, scrutarci nel profondo come solo lui sapeva fare. Sollevò la cover del suo tablet e prese la stilo.

«Possiamo iniziare dalla causa della tensione tra voi?»

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Crossfire – Capitolo42

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