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CAPITOLO 21

MAYA

Avrò rifatto lo stesso esercizio almeno dieci volte. Sono concentrata, lo giuro, ma Clarissa non accetta la minima sbavatura. Ogni volta che mi lamento perché sono stanca, lei mi ripete il solito ritornello.

«Per diventare una campionessa, ti devi impegnare.»

Sì, ha ragione. Peccato che io ripeta la stessa cosa alle mie giunture e loro non mi diano ascolto. Sono tutta rotta: ho caviglie, polsi e ginocchia a pezzi.

Per questo ho deciso di mettermi in bocca il mio miglior sorriso, ho finto di non provare dolore e ho fatto l’esercizio proprio come lei voleva.

«Ora sì che ci siamo!» ha urlato soddisfatta e, magnanima, mi ha concesso ben cinque minuti di pausa.

Seduta contro il muro freddo della palestra, ne approfitto per osservare Manuela che immerge le mani nella polvere di magnesio e comincia il suo esercizio alle parallele. Per quanto sia insopportabile, devo ammettere che è una brava atleta. Alle Regionali è stata penalizzata da un dolore lancinante alla spalla, che le ha impedito di esprimersi al meglio; per cui, se vorrò superarla alla prossima gara, mi toccherà mettermi d’impegno. E io voglio superarla, dannazione!

«È in grande forma, ma non è più brava di te, stai tranquilla» mi dice Ginevra, sedendosi di fianco.

«Come fai a leggermi sempre nel pensiero?» le sussurro, per non farmi sentire da Loredana, a pochi passi da noi. Quella è peggio della CIA: intercetta tutto e poi lo va a riferire a chi di dovere. Per colpa della sua lingua lunga, avrò litigato con Manuela almeno una decina di volte quest’anno.

«Non sono un’indovina; sei tu che hai una faccia espressiva. Si capisce tutto quello che ti passa per la testa» risponde Ginny. «Ma parliamo di cose più interessanti, come va con Alex?»

«Così così.»

«Non ti piace già più?» domanda allibita.

«Ma no! Che hai capito? Eccome se mi piace… Il problema è un altro. Con il lavoro al mercato, lui arriva a scuola per il suono della campanella. Appena termina la lezione, scappa di nuovo al lavoro. Quando finisce lui, sono io ad avere gli allenamenti. In pratica ci vediamo solo a lezione, ma non è che ci possiamo scambiare chissà che tenerezze, e la sera ci mandiamo qualche WhatsApp.»

«Non mi sembra un così grosso problema. Recupererete nel week end.»

«Quando? Il sabato mattina lui lavora, io ho una gara al pomeriggio. E la domenica dobbiamo uscire tutti insieme.»

Ginevra mi stringe la mano.

«Non è necessario.»

«Non capisco.»

«Senti, ne ho parlato in questi giorni con Mel e siamo d’accordo. Mi sono divertita domenica scorsa al bowling, però…»

«Vai avanti.»

«Non credo che sia la soluzione giusta uscire tutti insieme la domenica pomeriggio. Tu e Alex avete bisogno di un po’ più d’intimità, lo stesso vale per Ruben e Melania. Mi sentirei di troppo.»

«Che razza di discorso! Non saresti un terzo incomodo. C’è anche Tiago.»

«So esattamente dove vuoi andare a parare, per cui ti stoppo subito. Tiago è carino, mi piace; ma non abbastanza da avere una storia con lui.»

Le sue parole mi fanno cadere di nuovo nel baratro. Dopo il primo pomeriggio al bowling, avevo rimosso l’idea che lei potesse essere gelosa di me e Alex, ma ora sto rimettendo tutto in discussione.

«E quindi che ne sarà di noi tre?» domando delusa. Odio l’idea di perdere le mie migliori amiche per colpa di un ragazzo, per quanto Alex sia davvero speciale.

«Si tratta solo di cambiare qualche abitudine. Invece di uscire la domenica pomeriggio, potremmo mangiarci una pizza insieme il venerdì sera. Non voglio che la nostra amicizia finisca, ma non voglio neppure impedire a te e Mel di essere felici.»

Se non fosse per colpa dei miei sospetti, accoglierei con gioia questa decisione. Eppure il timore di aver deluso Ginevra mi frena. Indecisa sul da farsi, rifletto che se lei davvero fosse infastidita dalla mia relazione con Alex, non avrebbe senso costringerla a vederci insieme.

«Mi sembra un’ottima idea!» esclamo convinta per nascondere le mie perplessità. «Allora cominceremo subito da stasera. Appena riesco, sentirò Melania e ci metteremo d’accordo sull’orario.»

Mentre ci abbracciamo, una voce dura e fredda come la lama di un coltello ci arriva alle orecchie.

«Ehi! Qui si batte la fiacca? L’allenamento non è ancora finito. Andate a esercitarvi alla spalliera!» urla Clarissa, facendoci sobbalzare.

«Sì, subito!» esclamiamo io e Ginevra all’unisono, alzandoci in piedi di scatto. Guardo l’orologio appeso alla parete e vedo che manca ancora un’ora alle sette. Non so se oggi uscirò viva da questa palestra!

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