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CAPITOLO 22

MAYA

Guardo la rosa che Alex mi ha regalato e mi sento davvero fortunata: lui è bello, dolce e intelligente. E poi sa essere paziente, mi accetta come ragazza e come atleta. Meglio di così non mi poteva andare.

Apro la porta di casa e la vedo seduta sul divano. Le passo dietro in tutta fretta.

«Ciao mamma, non cucinare per me stasera. Faccio una doccia e poi esco a mangiare la pizza con Ginevra e Melania.»

Mi chiudo in camera e so di avere poca autonomia. Mi guardo intorno disperata, poi prendo l’atlante e infilo dentro la rosa. Devo nascondere tutte le prove della mia storia con Alex, almeno finché non mi sentirò pronta per raccontarlo a mia mamma. E poi se la metto in un vasetto, sfiorirà presto e mi rimarrà solo il ricordo. E invece così si seccherà e la terrò tra le mie cose come un tesoro prezioso.

La porta della camera si apre e so che questa è solo l’anticamera di un pippone grande come una casa.

«Signorina, che cos’è questa storia? Da quando si va in pizzeria con le amiche il venerdì sera senza avvisare prima? Io avevo giù cucinato la parmigiana.»

«E dov’è il problema? La mangio domani a mezzogiorno» provo a giustificarmi, ma so che non sarà sufficiente per calmarla.

«E certo! La fai facile tu! Non hai neanche diciassette anni e decidi, senza neanche interpellarmi, di uscire a mangiare una pizza senza adulti di riferimento.»

Come un flash mi viene in mente la sera che ho aiutato Alex. Se solo mia madre sapesse che sono andata a ballare in un locale senza dire niente a nessuno, credo che mi manderebbe subito in collegio.

Ho deciso! Morirò con questo segreto…

Lei continua a inveire contro di me e io, mentre cerco nell’armadio come vestirmi, penso alla strategia per terminare il prima possibile questa tortura.

Ok. Voce dolce ed espressione accomodante pronta.

«Su, mammina. Sii comprensiva. Tra la scuola e la ginnastica non ho molto tempo per coltivare le mie amicizie.»

«Melania e Ginevra le vedi tutti giorni!»

«Sì, ma vuoi mettere vederle fuori dagli ambienti strutturati?»

Bello l’aggettivo strutturato. Fa figo.

Lei abbassa un po’ la voce e io so che sto per averla vinta.

«Certo, è diverso; però voi già uscite la domenica pomeriggio. E la sera è pericoloso andare in giro da sole per tre ragazze ingenue come voi.»

«Hai ragione, mamy. Per questo abbiamo prenotato alla pizzeria all’angolo. Così puoi controllarci, se ne hai bisogno.»

Mia mamma sospira, mi toglie di mano una felpa e tira fuori dall’armadio una t-shirt a maniche lunghe.

«Questa sta meglio con i pantaloni blu che hai scelto.»

Le salto al collo e le do un bacio sulla guancia.

«Grazie mammina, sei eccezionale.»

«No, sono solo cretina. Ogni volta mi lascio infinocchiare. E ora mollami e vai a farti una doccia subito, che sei tutta sudata!» urla, questa volta arrabbiata solo per finta.

Sono cresciuta e ne sono contenta. Fino a qualche mese fa avrei cercato lo scontro a tutti i costi, uscendone sconfitta. Ora invece ho capito i suoi punti deboli e prenderla con le buone mi aiuterà a salvarmi, quando saprà che sto uscendo con Alex a sua insaputa. Sì, perché dovrò dirglielo, prima o poi, ma non adesso.

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