Sette Blog per Un Autore: Elisa Averna

 

Readers l’ospite di questa settimana, per l’iniziativa Sette blog per Un autore, ideata dal blog Gli occhi del lupo, è Elisa Averna!

 

 

Titolo: Chiamata dall’inferno

Autore: Elisa Averna

Data di pubblicazione: 21 aprile 2022

Editore: Dark Abyss

Genere: Thriller

Pagine: 252

Link Amazon: https://www.amazon.it/Chiamata-dallinferno-Elisa-Averna/dp/B09X1V9GMC/ref

Trama

Lui sa tutto di lei. Ne conosce le abitudini, la famiglia e i molti peccati di gioventù. Ha disseminato di microspie la villetta in cui Jessica vive, il suo perfetto idillio da signora per bene. Lei non sa chi sia lui. Ogni giorno, quell’uomo misterioso le telefona e le impone prove ispirate ai peccati, minacciando ritorsioni sui suoi cari in caso di fallimento. Ogni prova è un indizio che lui concede per farsi identificare, ma se lei non riuscirà a capire chi sia, dovrà incontrarlo. I giorni che avrà a disposizione saranno nove, come i gironi danteschi. Lui obbligherà Jessica a scendere nell’Inferno più nero e profondo: quello della propria coscienza.

 


 

Intervista Autore

 

1) Chi è Elisa Averna? Raccontaci qualcosa su di te
Mi chiamo Elisa. Mi autoetichetto (detesto le etichette… facciamoci del male!) per mezzo della mia profana trinità: AAA, antispecista, areligiosa (non mi identifco in nessuna religione, ma credo nel mistero della spiritualità) e di tendenza anarchica. Dopo la laurea in Lettere e filosofia con indirizzo demo-etno- antropologico, mi sono specializzata in Conservazione dei Beni Culturali. Mi occupo di progettazione museologica (creo percorsi didattici ed elaboro i relativi pannelli), anche se dovrei dire “mi occupavo”, perché con l’inizio della pandemia ho avuto, come tanti, una brusca interruzione dell’attività. Spero, però, di riprendere presto.
Collaboro con un Magazine digitale (Articoli Liberi) e da pochissimo con una radio, per la quale leggo poesie d’autore. Ho un blog letterario dedicato parte all’editoria esclusivamente No Eap, in cui intervisto autori, editori e recensori, e parte alla cucina etica.

Nasco in rete nel gennaio 2013 con Cucina BioEvolutiva, con l’obiettivo di divulgare la cultura alimentare cruelty free e salutista (veganesimo, crudismo, fruttarismo).
Sono molto riservata e territorialmente anafettiva. Mi piace spostarmi e conoscere nuovi posti.
Non sopporto la mia attitudine a sfinire me stessa e gli altri con esigenze d’ordine intellettuale e pratico. Non conosco il relax. Mi sento in colpa anche se mi siedo “cerebralmente cinque minuti”.
Sono dissacrante e amo l’ironia e ridere, anche se sono bravissima a crearmi una vita prodiga di lacrime.
Ho un pessimo rapporto con la tevisione di oggi, quindi la guardo solo in casi eccezionali, e con la tecnologia, con la quale ho fatto un patto di inimicizia perenne.
Sto imparando a dire i primi “No” (monosillabo che nel mio personale vocabolario fino a qualche tempo era bandito), a tutela di una parte di me ancora molto ingenua che devo imparare a proteggere dal mondo esterno e del mio senso del dovere spinto all’estremo delle mie energie, eredità materna di cui avrei fatto volentieri a meno.
Il mio sogno impossibile è viaggiare nel tempo. La mia fortuna è che ho un’attività onirica intensissima che mi porta ovunque e in qualsiasi epoca. Fin da ragazzina ho sempre sognato una macchina del tempo per poter parlare con illustri personaggi storici e giocavo, se così si può dire, alle ucronie, anche se non sapevo che si definissero tali: “E se Cesare non fosse stato ucciso dalla congiura guidata da Cassio e Bruto, che cosa sarebbe successo?”. Insomma, mi ponevo domande di questo tipo e fantasticavo sulle possibili risposte. C’è stato un momento in cui mi fissai su Nefertari, forse sulla suggestione di una mostra a lei dedicata. Speravo che mi venisse in sogno e che, prima ancora di mostrarmi il suo guardaroba, mi svelasse i segreti dell’Antico Egitto! Sogni infantili che, a essere sincera, perdurano nella mia età adulta.

 

 

2) Come è nata la tua passione per la lettura? E quella per la scrittura?
A quattro-cinque anni, i miei mi fecero frequentare la primina e mi si aprì un mondo, quello della lettura e della scrittura. Presi a scrivere dei libercoli intitolati “Maniaci” (in riferimento alla mania di scrivere). Mi firmavo “Editrice Elisa Maria Greta Averna”. Posso dire di essere stata una pioniera del Self Publishing, anche se, nella realtà dei fatti di persona adulta, pubblico solo con Editori No Eap.
Negli anni Ottanta, ebbi la fortuna di conoscere Giorgio Bassani, il quale mi diede un forte stimolo a perseguire il mio sogno di scrivere. Bassani frequentava a Roma Nord il mio stesso circolo sportivo. Io ero solo una ragazzina, ma ho di lui un ricordo vivido.
Era un uomo molto riservato e austero. Fissava dalla terrazza del circolo la distesa di campi da tennis. Nessuno si azzardava a disturbarlo, perché si sapeva che, mentre osservava con i suoi occhi attenti, stava “lavorando”. Sono passati quasi quarant’anni da allora, eppure frammenti di conversazione avuti con lui (poche parole ma incisive) mi risuonano ancora nelle orecchie. Un giorno gli dissi che adoravo leggere e scrivere più di ogni altra cosa. E lui: «Allora non devi far altro che leggere e scrivere più di ogni altra cosa!»
Adoro alla follia leggere e scrivere i “drammoni” con complessi conflitti interiori dei personaggi. Poi, se si tratta di unire la mia morbosa passione per la storia a questo aspetto mi trovo a perfetto mio agio.
Non amo le storie a lieto fine. Il “vissero tutti felice e contenti” non appartiene al mio essere. Sono più da nodo alla gola, anche se lascio sempre una porta aperta alla speranza per i più deboli di cuore.
Amo tutta la letteratura classica, italiana e internazionale e saggistica storico-filosofica e letteraria, lasciandomi affascinare anche da quella scientifica (di fisica quantistica in particolare).
Come lettrice sono dunque onnivora. Amo particolarmente la narrativa non di genere, ma, in generale tutta la buona lettura mi appaga e rilassa. Leggere, come scrivere, è la mia isola di pace.
Non leggo i fantasy come priorità, anche se, paradossalmente, finisco con il recensire solo quelli per uno strano scherzo del destino. Non leggo i romance taballanti in senso concettuale e lessicale, vale a dire telenovelas su carta stampata. Mi annoiano mortalmente. Ogni preferenza è rispettabile, questo sia chiaro.

 

 

3) Quanto tempo dedichi alla scrittura durante il giorno?
Con la scrittura ho un rapporto viscerale. Scrivere è per me un’attività quotidiana imprescindibile, pari alla lettura. Non la programmo, la pratico e basta, anche nei momenti meno opportuni e soprattutto di notte. Annoto tutto ciò che mi passa per la mente. Se ho l’impulso di scrivere, lo seguo, in qualsiasi momento e in qualsiasi posto, anche contro il galateo. Guai a interrompermi mentre scrivo. Mi lascio guidare dai miei personaggi. Sono loro che mi dettano la storia, un processo che accade a molti autori.
In realtà, anche qui, avrei dovuto usare il passato, perché l’attività sui social, necessaria per gli autori emergenti, mi sta togliendo molto tempo ed energie, a detrimento della scrittura, l’unica cosa che mi rende viva e felice.

 

 

4) Quando scrivi solitamente preferisci il silenzio assoluto o ascolti della musica?

Dipende dalla situazione, da dove mi trovo e dall’umore.
Attualmente abito in una zona ad alto inquinamento acustico e la musica, oltre ad essere fonte d’ispirazione, mi serve anche per coprire i rumori molesti che, viceversa, mi porterebbero alla pazzia… non che di mio sia “normale”, ma…

 

 

5) I tuoi romanzi hanno delle colonne sonore?
Sì. Per Prisma, thriller sperimentale claustrofobico dove co- protagonista è il lettore, sceglierei musica psichedelica, trance, psytrance o psy. Per Chiodi di Ghiaccio, “I tuoi fiori” di Etta Scollo, colonna sonora del film Bad Guy del grande maestro Kim-Ki-Duk, che la protagonista canta in una situazione particolare. “Romanzo d’estate” e “Pizzi neri e merletti grigi” sono nati ascoltando musica sinfonica dell’Ottocento. Per L’Aquila d’Oro – Sulle tracce del Quarto Reich: “Gracias a la vida” di Violeta Parra. Mark, la voce narrante della storia, ricorda la sorella Blanche con questo pezzo da lei molto amato, perché, nonostante le brutture che coinvolsero la sua famiglia, era consapevole di essere diversa dalla sua ascendenza e di dover anche per questo essere riconoscente alla vita. Per “H.H. Figlia della strada” sceglierei ovviamente musica rap, essendo la protagonista una giovane rapper, e jazz caldo. Infine per “Chiamata dall’Inferno” penserei a Schubert, il compositore preferito dalla protagonista Jessica.

 

 

6) Qual è il tuo autore e il tuo libro preferito?
Ho davvero molta difficoltà a rispondere a questa domanda. Mi sono formata con la letteratura russa, inglese (anche teatro), francese e italiana. Ho un’infinità di pari merito, diciamo così, mi è impossibile stilare una lista e designare un autore preferito.
Sono affettivamente legata agli autori della mia prima giovinezza, le sorelle Brontë e la Austin, e quelli del post adolescenza: Dostovjeski, Tolstoj e Kafka. Amo follemente Marguerite Duras.

Ma non sarebbe comunque una risposta completa, perché ho amato follemente anche gli autori del nostro verismo, Verga in primis. E dove mettiamo Svevo con “La coscienza di Zeno”?
Quanto agli autori contemporanei, non prendo in blocco tutto, ma i singoli romanzi. Inoltre, mi piace scovare i gioiellini della microeditoria, quindi presto molta attenzione agli autori emergenti.

 

 

7) Se potessi cambiare qualcosa della storia ormai pubblicata, lo faresti? Se sì, perché? (Raccontacelo nei limiti dello spoiler)
Qualsiasi mio libro riprendessi in mano in questo momento verrebbe stravolto. Sono un’autocritica incallita, alla ricerca di una perfezione impossibile, severa in modo detestabile. Affogo nei manoscritti perché prima di decidere di pubblicarli passano ere geologiche. Difatti, ho iniziato a pubblicare tardi proprio per questo motivo. D’altronde siamo esseri in evoluzione. Non cambierei mai quello che sto scrivendo adesso, ma a distanza di tempo, ti direi il contrario. Questo non significa che non sia sodisfatta dei mie lavori, tutt’altro, significa solo che nutro per essi il massimo rispetto.

 

 

8) Ti sei ispirato a qualcuno per la descrizione fisica/caratteriale del tuo/dei tuoi personaggio/i?
La realtà è sempre fonte di ispirazione. Per Jessica mi sono ispirata alla perfetta e bellissima donna dell’alta borghesia e con un passato da “figlia di papà”. Ho abitato in un quartiere di Roma dove di donne così ne ho conosciute a sacchi. Ho, però, voluto dare a Jessica qualcosa in più per riscattarla dal suo “eccesso di frivolezza”, per esempio la sua indipendenza economica dal padre e dal marito, quindi un lavoro in cui potesse anche dare prova del suo estro creativo.

 

 

 

9) Che consiglio daresti a chi vorrebbe pubblicare il suo primo libro?
Di pubblicare, se possibile, la prima opera in s.p., giusto per testare con le sue sole forze dove arriva. Io non l’ho fatto per una mancanza di materia prima, perché ho pubblicato subito dopo aver dovuto lasciare il lavoro. Il s.p. ha un costo che può essere anche molto elevato e il ricavato spesso viene “divorato” dalla campagna promozionale. Il s.p. può essere una partenza, ma non un arrivo. Per la sua seconda pubblicazione invece suggerirei allo stesso autore di affidarsi a un editore (un editore vero e quindi rigorosamente No Eap, editing compreso), per sapere se il suo pubblico è cresciuto o è rimasto lo stesso e quindi trarre le sue conclusioni.

 

 

10) È il momento dello “Spot Time”. Perché i lettori dovrebbero acquistare questo romanzo?
(questa domanda è uguale a quella su “Tutto sul romanzo”. (Tre buoni motivi per leggere la tua storia). Se possibile,
risponderei allo stesso modo.
1) Per lo stile narrativo nuovo, e che ribalta la struttura narrativa classica.
Chiamata dall’Inferno è un romanzo sperimentale perché la narrazione è interamente affidata ai dialoghi. Lo stile breathless sposa la struttura dialogica delle pièce teatrali, senza però avvalersi di scenografie e di voci e rumori fuori campo, con l’ansia tipica da thriller. È uno stile studiato apposta per incrementare la tensione. La narrazione, proprio perché affidata interamente ai dialoghi, ha lo scopo di catapultare il lettore nella storia, in modo che lui, per così dire, origli il botta e risposta tra i personaggi. Nel caso specifico di Chiamata dall’inferno i dialoghi avvengono per la gran parte al telefono tra me e Alpheus. Il lettore è come se vivesse un’interferenza telefonica, impotente rispetto a ciò che ascolta.
2) Per il finale, un finale che spiazzerà il lettore almeno quanto ha spiazzato me, non tanto per chi sia o non sia “Alpheus”, il persecutore o la persecutrice telefonica di Jessica, quanto per il vissuto di Jessica.

3) Perché è una lettura facile e veloce, davvero per tutti, indipendentemente dal proprio background culturale.

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