Blog Tour “Le cicatrici che non ho” di Marianna Pizzipaolo 4ª tappa AMBIENTAZIONI

Readers oggi il blog partecipa al blog tour del romanzo “Le cicatrici che non ho” di Marianna Pizzipaolo edito Lupi Editore 😍 La nostra è la 4ª tappa e vi presenteremo una delle ambientazioni: CUBA 😍

Scorrete l’articolo per saperne di più 😘

Titolo: Le cicatrici che non ho
Autore: Marianna Pizzipaolo
Data pubblicazione: 20 Febbraio 2019
Editore: Lupi Editore






Trama: 
Quattro personaggi legati da un filo invisibile: Nora, donna misteriosa dal passato sconosciuto, che ogni fine settimana scappa da Salerno, città in cui vive, e si nasconde o forse si rifugia in uno sperduto paesino della provincia.
Gabriele, sfrontato, impertinente, in bilico tra sbagli ed eroina, pieno di vita e di demoni che gli corrodono l’anima.
Mariè, ricco capo d’azienda, la cui vita, apparentemente perfetta, cela l’infelicità e la vacuità dei suoi giorni.
David, l’uomo che tutte vorrebbero e che tutte possono avere, giovane gigolò cubano affamato di vita e di sogni mai realizzati.
Quattro personaggi, due incredibili storie d’amore legate da un filo invisibile destinato a spezzarsi…
Cuba:
«E io che pensavo di essere stata furba! Che scegliendo Cuba mi sarei ritrovata su un aereo per
una bella vacanza gratis!» e invece no, e potete immaginare la mia delusione quando ho saputo
che la tappa del Blog tour dedicata ai luoghi si sarebbe svolta a Salerno invece che sotto il sole
accecante di Cuba. Io già mi vedevo lì, su una spiaggia di sabbia bianca con più mojito in corpo
che sangue, con la musica che si sparge nell’aria e che ti fa uscire dalla bocca parole senza
senso, perché vuoi o non vuoi l’unica cosa che vuoi fare è perderti in quel ritmo.
E invece niente, mi ritrovo in un appartamento al centro di Salerno seduta ad un tavolo ricoperto di
foto, davanti a un uomo (e che uomo direi!) che non la finisce di parlare della sua terra.
«Lo siento, ci ho provato anch’io a cercare di fare questa tappa del Blog tour a Cuba, morivo dalla
voglia di rivedere la mia terra, di riabbracciare mia mamma, ma purtroppo la scrittrice non ne ha
voluto sapere, ha detto che piuttosto che mandarci noi, ci va lei, non appena le accreditano le
royalties!» fa spallucce, David, rassegnato al fatto di essere stato “creato” da una taccagna mai
vista!
«Però per farsi perdonare, Marianna ha mandato un vassoio di paste, dice che aveva provato a
fare il dulce de leche, perché voleva ricreare l’atmosfera cubana, ma siccome dice che il risultato è
buono per incollare i manifesti, si è fatta perdonare andando in pasticceria» dice mettendomi
davanti un vassoio pieno di dolcetti dall’aspetto delizioso, beh, almeno qualcosa di buono da
mangiare c’è…
«Hai un amore smisurato per Cuba!» gli dico mentre gli occhi spaziano da una foto all’altra,
talmente piene di colori da non sapere dove guardare, «come potrei non amarla! È casa mia, è il
paese di mia madre, ed è il posto più bello al mondo…» dice con un velo di malinconia nella voce,
la “saudade” deve essere una cosa difficile con cui convivere…
Ah no aspetta! La “saudade” è una roba brasiliana o sbaglio? Non c’entra con Cuba? O invece sì?
Potrei chiedere a lui e togliermi il dubbio…
Naaaaa, evitiamo di fare figure pessime davanti a questo bel pezzo d’uomo, non si sa mai che con
Mariè dovesse andare male…
«Guarda qua! Questi siamo io, mia mamma e mia sorella sulla spiaggia di Santa Maria del Mar, è
un posto che yo amo particolarmente, è il mare della mia infanzia, alcuni dei miei ricordi più belli
sono tra queste onde…» e io un po’ mi perdo tra le foto e un po’ tra i suoi occhi, è come se stesse
sognando, David, o forse è come se stesse rivivendo il passato o disegnando un futuro tra i ricordi
di quello che è stato.
«E questo bambino cicciotto bellissimo chi è? Non dirmi che sei tu?» dico stringendo tra le mani
una vecchia foto rovinata dal tempo, «certo che sono io! Sono io in braccio a mia nonna che
passeggiamo sul Malecon. Devi sapere che mia nonna amava passeggiare al tramonto sul
lungomare, si dice che il Malecon de La Habana racchiuda la vita dei cubani, è lì che ci si incontra,
è lì che nascono gli amori, è lì che si litiga, è lì che gli amori finiscono e ne nascono di nuovi, è su
quel tratto di mare, a camminare avanti e indietro che i cubani passano la vita. E mia nonna ogni
sera al tramonto andava lì a passeggiare, e ogni volta in cui io ero con lei mi raccontava della
gioventù e della prima volta in cui aveva incrociato gli occhi di mio nonno…»
E io mi perdo a immaginare questo amore che nasce di fronte ad un mare che non ho mai visto ma
di cui adesso grazie alle sue parole riesco a percepire il profumo, i colori.
E maledico ancora una volta il budget dell’autrice che non mi ha permesso di visitare di persona
questi posti meravigliosi! Non va bene, per niente! La prossima volta pretendo una scrittrice che si
possa definire tale, una che può pagarmi un biglietto aereo!
«E questa invece dov’è stata scattata?» gli chiedo prendendo tra le mani una foto che sembra
essere stata scattata in uno di quei vecchi film western, le strade sterrate, le case basse, vecchie
sedie a dondolo incastrate sui minuscoli patii, se non fosse per i colori sgargianti e variopinti delle
case, potrebbe essere una di quelle istantanee di scena di un set dei film di Bud Spencer e
Terence Hill.
«Questa è Vinales, è un piccolo paese a qualche ora da La Habana, è un incanto, è uno di quei
posti in cui si è fermato il tempo, uno di quei posti in cui ti dimentichi di tutto, della vita, dei
 
problemi, di tutto quello che non hai e che ti manca come l’aria…» sospira e mi strappa quella foto
dalle mani.
La guarda, la accarezza, e con la testa arriva chissà dove…
«Questo è uno di quei posti in cui avrei voluto portare Mariè, avrei voluto portarla qui, a passare la
notte a tenermela stretta in una di queste case dai mille colori, a passare il giorno a pedalare in
bicicletta avanti e indietro, sotto il sole. E poi farle una sorpresa e portarla al mare, su una di quelle
isole che sembrano uscire fuori dalle cartoline, una di quelle dove non ci sta nessuno a parte me, a
parte lei.
A Cayo Levisa o a Cayo Jutiás, uno di quei posti da fiaba, uno di quei posti adatti a lei.»
Mi perdo ad ascoltarlo, mi perdo ad ascoltare lui e quell’amore smisurato che traspare dalla sua
voce, amore per la sua Cuba, amore per la sua Mariè…
«E poi l’avrei portata a Cienfuegos, a camminare al tramonto fino a Punta Gorda, a spendere le
ore tra le botteghe degli artisti, a scegliere quadri che immortalano l’essenza della mia terra, tele
che poi sarebbero andate a decorare una parete del suo ufficio, o una stanza in una casa tutta
nostra. Il viaggio ci avrebbe portato prima a Trinidad e poi…» «basta! Basta! Basta!» lo interrompo
con le mani che vanno a coprirmi le orecchie per paura di sentire qualcosa che non dovrei, «non
dirmi altro ti prego! Questo è l’esatto punto in cui sono arrivata a leggere e non puoi assolutamente
spoilerarmi il finale!» «ma io avevo pensato di farti vivere tutto il mio viaggio a Cuba, tutte le mie
lettere, tutto quello che avevo fatto per la mia Mariè e che adesso se ne stanno rinchiusi in questa
scatola e…» «bla! Bla! Bla!» comincio a blaterare ad alta voce, non esiste che mi faccio rovinare il
piacere della lettura dalla sua voglia di raccontarmi i fatti suoi, non esiste!
«Ok va bene, non ti racconterò altro, e adesso? Che facciamo?» mi chiede perplesso, devo aver
rovinato il suo programma per la giornata.
«E adesso finiamo il vassoio delle paste…»

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