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Capitolo 12 


“Cause, I built a home


For you


For me


Until it disappeared


From me


From you


And now, it’s time to leave and turn to dust”


– THE CINEMATIC ORCHESTRA (To Build a Home)




Logan


Dormire quella notte fu complicato, praticamente impossibile. Mi ero svegliato diverse volte, sudato ed eccitato, con la voglia animale di farmi Claire. Sentire la sua pelle vellutata sotto la mia, la sua carne che si contrae attorno a me. Era un pensiero fisso, che occupava la mia mente mentre ero sveglio, e i miei sogni mentre tentavo di dormire. La sua pelle candida, i suoi capezzoli… due boccioli rosei e turgidi che bramavano la mia attenzione. 


Mi alzai diverse volte quella notte, mi feci diverse docce fredde nel vano tentativo di calmare i bollenti spiriti. Continuavo a domandarmi fino a dove si sarebbe spinta se non l’avessi fermata, cosa avrebbe fatto una volta completamente nuda. Quello che sapevo con certezza, era che se lei si fosse svestita di fronte a me, non ci sarebbe stata altezza, finestra, o portone, ad impedirmi di andare da lei. La desideravo in modo assurdo, la bramavo almeno da cinque anni. 


Quando il sole sorse decisi di andare a corre, per cercare di liberarmi da un po’ di tensione. Feci un’ennesima doccia e poi andai nella camera di mio figlio.


Le tende erano tirate ma un leggero fascio di luce filtrava nella stanza e si rifletteva sul pavimento creando una striscia di arcobaleno sul parquet chiaro. Di Hope non c’era traccia mentre il mio piccolo ometto era piegato su un cuscino con il sederino all’insù. Mi sfuggi una risata e mi domandai come facesse a dormire in quella posizione. Attraversai la camera e mi sdrai alla bene e meglio su quel lettino troppo piccolo per la mia stazza. Strinsi a me Richard e chiusi gli occhi beandomi del calore del suo corpicino. 


Quando mi svegliai mi era sembrato di aver dormito ore, ma potevano benissimo essere passati solo pochi istanti. A destarmi dal sonno era stato un lieve tocco sul mio volto. Quando aprii gli occhi ne incrociai due vispi e verde smeraldo. La manina di Richy era posata sulla mia faccia e giocherellava con la mia barba mentre mi regalava dolci carezze. Posai la mia mano sulla sua e sorrisi all’unica ragione della mia esistenza.


«Buongiorno papà», la sua vocina era la cosa più dolce che potessi sentire al mattino. 


«Buongiorno amore mio», la mia era bassa e arrochita dal sonno.


«Hai fatto un brutto sogno?».


Mi sfuggì una risata che si strozzò per l’emozione di quel pensiero. Lui era solito venire a rifugiarsi nel mio lettone quando aveva gli incubi, e il fatto che avesse pensato che a me poteva essere successa la stessa cosa mi gonfiò il cuore di affetto. 


«Non proprio», sognare Claire era un sogno, ma rendersi conto che tutto ciò non era reale… quello era un incubo. 


Gli scostai una ciocca di capelli ribelli dal volto – era ora di tagliarli – poi scesi con le dita sul suo pancino e gli feci il solletico.


«No, papà! Ti prego!», gridava e rideva mentre si contorceva tra le mie braccia.


«Vuoi che smetta?» gli chiesi con un luccichio negli occhi.


Mordendosi il piccolo labbro annuì con enfasi. «Si! Si! Ti prego!».


«Allora, dammi un bacio!». 


«Ma la tua barba pizzica!».


«Ah, si?».


Mi avvicinai al suo faccino e dolcemente iniziai a dargli dei bacetti ed a sfregare la mia barba su di lui.


«Papà! Va bene! Bacio! Bacio!» gridò. 


Mi fermai con un sorriso di soddisfazione ed aspettai che le sue piccole labbruccie si posassero sulla mia guancia. Le sue braccia si avvolsero attorno al mio collo, in una stretta soffocante, mentre mi dava il mio premio. Afferrandolo per la vita lo tirai su e me lo misi sulle spalle provocandogli un urlo di gioia
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