CAPITOLO 11
MAYA
Mamma mi guarda con occhi adoranti e mi porge una brioche ai frutti di bosco, la mia preferita.
«Tieni, tesoro. Mangiala tutta, mi raccomando.»
«E per me?» domanda mio padre, mentre richiude la Gazzetta dello Sport e l’appoggia sul tavolo.
«Per te ci sono le fette biscottate integrali. La brioche è per Maya» commenta lei, mettendosi le mani sui fianchi.
«Non è giusto» si lamenta papà, ma mia mamma non molla.
«Tu non hai preso otto in Italiano. Con la Vergani, per giunta. Ogni volta che vado al colloquio mi incute una tale paura…»
«Facciamo un patto, papi. Ti do un pezzetto di brioche se mi compri quel body che mi piace tanto. Alle Nazionali ci farei un figurone» dico strizzandogli l’occhio.
«Non posso crederci. Ricattato da una pulce… E va bene. Per un pezzo di brioche venderei pure tua madre.»
«Ma sentilo» risponde lei tutta arrabbiata, lanciandogli addosso l’asciugapiatti. Lui se lo prende in faccia e cominciamo a ridere come matti.
Quando mi riprendo, guardo il display del microonde e mi accorgo che è proprio ora di andare.
Lascio un pezzo di brioche nel piatto per papà, tiro su lo zaino e dopo averli abbracciati entrambi, esco di casa fischiettando.
Sono felicissima… L’interrogazione di Italiano andata a buon fine mi ha permesso di recuperare un sacco di punti con i miei. Ora che sono riuscita a portarmi sulla media del sei, però devo impegnarmi per evitare un nuovo tracollo. Per fortuna Alex mi ha dato dei consigli preziosi che non dimenticherò mai. Anche perché mi basta chiudere gli occhi per rivedere lui che recita Tanto gentile e tanto onesta pare con gli occhi luminosi e il sorriso affascinante. Sono sicura che d’ora in avanti Dante sarà il mio poeta preferito.
Arrivo davanti al liceo e noto uno strano assembramento. Di solito i ragazzi si dispongono a capannelli, prima del suono della campanella, per raccontarsi gli ultimi pettegolezzi o per cercare di stemperare l’ansia pre verifica con qualche battuta. E invece oggi i rappresentanti d’istituto si sono messi a fare una specie di comizio davanti al portone d’ingresso, urlando le loro ragioni.
«Abbiamo chiesto un incontro con il preside per tutelare i nostri diritti, ma non ha voluto vederci. Questo è un affronto. Siamo o non siamo in democrazia? Per questo ci siamo riuniti e abbiamo deciso di fare sciopero. Chi è con noi, non entri in classe oggi.»
La campanella suona e qualche secchione cerca di sfondare il muro dei rappresentanti d’istituto, prendendosi insulti e spintoni. Gli altri si dileguano alla velocità della luce.
Sono talmente presa dalla scena, che neppure mi accorgo che Melania mi ha raggiunto.
«Ciao Maya. Che cosa sta succedendo?»
«I rappresentanti degli studenti hanno deciso di scioperare.»
«Ancora? C’era stato uno sciopero un mese fa.»
«Lo sai come sono fatti.»
«E questa volta quale sarebbe il motivo?»
«Sono arrivata a metà discorso. Non sono riuscita a capirlo.»
«Non preoccuparti, non è così importante. Quel che conta è che abbiamo la mattinata libera. Ho pensato a un programmino interessante. Prima andiamo al mercato; voglio comprare un paio di jeans nuovi a quella bancarella che ha sempre degli stock fighissimi. E poi andiamo a mangiare al fast food.»
«Ok, ma io prendo solo un’insalata. In questi giorni ho un po’ esagerato. Se non mi rimetto in riga, credo proprio che non riuscirò a fare gli esercizi a corpo libero. E ora che mia mamma si è calmata, non ho voglia di essere ribaltata da Clarissa.»
«Che peccato che Ginevra non frequenti il nostro istituto, ne avremmo approfittato per recuperare l’uscita persa di domenica» sospira Melania, mentre ci dirigiamo verso la fermata della metro più vicina.
«Ancora con questa storia? Quante volte dovrai rinfacciarmela?» domando esasperata.
«Fino alla fine dei tuoi giorni» mi dice con un’espressione che vorrebbe essere seria, invece è così buffa che non posso fare a meno di riderle in faccia. Melania all’inizio sembra offesa, ma poi le mie risate sono così contagiose, che si ritrova a ridacchiare anche lei.
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