CAPITOLO 12
ALEX
La gente mi guarda ma non mi tocca. In questo momento non esiste nient’altro se non la musica. Aspetto che la base entri nel vivo e poi inizio il mio pezzo. Qui dentro ci sono io, la mia vita del cazzo, la solitudine anche quando sto in mezzo alla folla. Ci sono io che butto fuori tutto quello che sento, che do voce ai miei sensi, ai miei sentimenti. Questo è tutto il mio mondo e io lo dono a chi mi ascolta.
Credi sia facile qui alzarsi in piedi?
Perché non lo è.
Cercare in alto con gli occhi
qualcosa che non c’è.
Cercare in basso l’aiuto di chi è come te.
Ma questi stronzi spariscono
come comete.
Qua è appena ti alzi che parte
la corsa a ostacoli,
le immagini, le indagini
quaggiù zero miracoli.
Siamo solo pedine in fila
Non ho un’identità, sono uno
nessuno in mezzo a centomila.
Ma attento alle amicizie
tante sono fittizie.
Adesso parla di giustizia chi
commette le ingiustizie.
E noi? Che a volte vorremmo
soltanto ripartire da zero
Sì, ripartire da zero.
Appena la musica si conclude, io chino la testa e attendo. Il brusio della folla si è andato acquietando con il proseguire dell’esibizione e ora c’è solo silenzio. Sarà disinteresse o stupore?
Alzo lo sguardo. Basta questo gesto per provocare la reazione del pubblico. Iniziano ad applaudire e a darmi pacche sulle spalle e io mi sento in pace con me stesso. Questo è quello che vorrei fare nella mia vita. Questa è la mia massima aspirazione.
«Alex…»
Quel sussurro oltrepassa la cortina del rumore e mi arriva dritto alle orecchie. Io conosco questa voce.
Mi guardo intorno e la vedo. Maya… Che ci fa qui? E di fianco a lei c’è Melania. Questa non ci voleva…
Il mio socio spegne la cassa e gli avventori del mercato lo considerano il segnale che non ci sarà nessun bis per oggi. Dopo averci salutato e averci fatto i complimenti, si disperdono lungo il viale, riprendendo a girare per le bancarelle in cerca di affari.
«Alex, non sapevo che tu…» comincia a dire Maya, con la voce rotta dall’emozione.
«Io cosa?» domando, piuttosto alterato. I suoi occhi color nocciola non riescono a nascondere la sorpresa e vivo già l’ansia di sentire le parole che sta per pronunciare. Che non sono quello che credeva, che il rap per lei è solo una grande perdita di tempo. Non sarebbe la prima volta che sento questi discorsi.
«Non sapevo che tu fossi così bravo.»
Poche parole e il cuore inizia a correre all’impazzata al centro del petto. Mi ritrovo a sorridere e vedo che anche lei lo fa.
«Perché a scuola non ci hai mai parlato di questa tua passione?»
«Non è mai capitata l’occasione» mi giustifico. E invece non è proprio così. Di occasioni ne sono capitate a bizzeffe. Molti miei compagni adorano il genere e quando ne discutevano, io ho sempre finto di non capirne un cazzo. Sì, può sembrare stupido, ma parlare del mio sogno avrebbe significato dare troppi indizi sulla realtà da cui provengo e io volevo essere agli occhi di prof e compagni solo il secchione che prende dieci nel tema di italiano.
«In effetti avevo notato la tua bella voce quando hai cantato Serenata Rap, ma non credevo fossi in grado di scrivere testi così belli. L’hai scritto tu, vero?» continua Maya.
Faccio un cenno con la testa e lei continua a riempirmi di complimenti, mettendomi a disagio.
«Ehi, frate! Hai lasciato a casa l’educazione? Presentami alle tue amiche.»
Ecco il diversivo che stavo aspettando. Maya smette di parlare e io ritorno a prendere possesso del mio respiro.
«Maya e Melania, lui è il mio amico Ruben.»
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